16/12/2021

Stile di vita

3 minuti

Il binomio depressione e creatività

Hans Christian Andersen, Isaac Asimov, Ingmar Bergman, Winston Churchill, Charles Darwin, Johnny Depp, Bob Dylan, Gustav Mahler, Wolfgang Amadeus Mozart, Isaac Newton, Brad Pitt, Edgard Allan Poe, Robert Schumann, Robin Williams…

l’elenco potrebbe continuare, rendendo ancor più curioso e intrigante l’interrogativo sottinteso su cosa accomuni queste celebrità che si sono distinte in tanti ambiti, dall’arte, alla politica, dallo spettacolo alla scienza.

 

Quando gli opposti si attraggono

La risposta al quesito proposto è una sola: la depressione, intesa nella sua accezione di vero disturbo psichico e non come grossolano e comune sinonimo di malinconia e sconforto. Ma come può una malattia psichiatrica, notoriamente caratterizzata da calo dell’umore, rallentamento del pensiero e molti altri risvolti negativi sulla sfera comportamentale e perfino organica, consentire, se non perfino potenziare, come qualcuno ritiene, la creatività? La questione è molto complessa e, come tutti i dilemmi, non soltanto clinici ma anche neuropsichici e filosofico-esistenziali, è priva di una risposta univoca, ma soltanto costellata da interpretazioni soggettive. Tra queste una originale e condivisibile teorizza una depressione patologica, improntata a un istinto di morte, costellato da tristezza, senso di colpa, immobilità e solitudine, e una depressione creativa in cui, malgrado una base comune, la sensazione di smarrimento induce a tornare su sé stessi con l’intento costruttivo di ristabilire un nuovo contatto con la realtà e non con la convinzione di doversi annientare. Questo approccio lascia in qualche modo intuire il sottile e precario confine tra follia e genialità, e può aiutare a comprendere come l’arte possa essere ispirata da una sofferenza interiore che di fatto svela una spasmodica ricerca della propria identità e del senso della vita attraverso un ripiegamento su di sé che non esprime la resa, a una sconfitta bensì una minuziosa raccolta di tutte le proprie risorse difensive.

 

La “normalità”: banalità o utopia?

Alla luce di queste riflessioni ci si può chiedere cosa sia allora la normalità. O meglio, sulla base di numerose attestazioni artistiche e letterarie, secondo cui la genialità non può prescindere da una vena di follia, potrebbe emergere il paradosso che la depressione sia una prerogativa distintiva delle menti eccelse. La storia dimostra che la realtà è ben diversa, e la scienza suggerisce un coinvolgimento di alcuni neurotrasmettitori, quali la dopamina e la serotonina, che condizionano il piacere, la gratificazione e il tono dell’umore. I meccanismi biologici non sono un “tutto o nulla”, per cui, anche in questo caso, ogni situazione merita una valutazione a sé. Così come quello di “normalità”, in ambito psichiatrico, è un concetto non traducibile in parametri oggettivi, a differenza per esempio di un esame di laboratorio, allo stesso modo non è possibile delineare un profilo di individuo standard che funga da riferimento assoluto.

Un dato curioso è che la depressione colpisce maggiormente gli individui con maggiore scolarizzazione e, come emerso da uno studio svedese, proprio quelli più “creativi”. Resta insomma da chiarire se la depressione sia “causa o effetto” di un impulso creativo o se possa tramutarsi addirittura in una risorsa. Senza dubbio, però, è determinante la modalità con cui il singolo individuo riesce (o viene aiutato) a elaborarla: in altri termini se si lascia sopraffare fino a perdere ogni interesse e spirito di iniziativa o se riesce a trarre proprio dai momenti di fragilità nuovi spunti di crescita e rinnovamento.

 

 

 

Bibliografia

  • Fidanza E. Depressione patologica e depressione creativa. Tredimensioni 2012; 9:166-176
  • https://www.ipsico.it/news/genio-e-follia-perche-vale-la-pena-essere-un-po-pazzi/
  • MacCabe JH, Sariaslan A, Almqvist C, Lichtenstein P, Larsson H, Kyaga S. Artistic creativity and risk for schizophrenia, bipolar disorder and unipolar depression: a Swedish population-based case-control study and sib-pair analysis. Br J Psychiatry. 2018; 212:370-376

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