La musicoterapia
Capita a tutti di provare una sensazione di benessere nell’ascoltare una melodia, oppure di sentirne la “mancanza” o il bisogno
Capita a tutti di provare una sensazione di benessere nell’ascoltare una melodia, oppure di sentirne la “mancanza” o il bisogno, o ancora di provare piacere nel fischiettare o ripetere mentalmente una particolare sequenza armonica oppure nel produrre musica, in termini non necessariamente di esecuzione strumentale ma di vera e propria improvvisazione creativa. La musica, in effetti, è molto più di un insieme di suoni, di un accompagnamento di sottofondo o di un inerte riempitivo: indipendentemente dalla sensibilità e dalle preferenze di ciascuno, essa è a tutti gli effetti un linguaggio che trasferisce, genera o, come si può sperimentare nella visione di un film, amplifica emozioni. Per questa ragione la musica può essere impiegata a scopo terapeutico.
Le radici storiche
In tutte le civiltà la musica è sempre stata strettamente connessa al trattamento delle malattie, ma il concetto di musicoterapia risulta essere stato introdotto in Inghilterra nel XVIII secolo dal medico londinese Richard Brockiesby: il suo saggio presso la Royal Academy Music di Londra, denominato “Concepts and effects of bodysound”, all’epoca si rivelò un vero e proprio polo di attrazione dalla nobiltà, che ricercava delle soluzioni alternative alle cure mediche, considerate inefficaci per alcune patologie mentali.
Fu poi il medico naturalista e compositore slovacco Peter Lichtenthal che, dopo essersi trasferito a Milano nella prima metà dell’800, scrisse diversi trattati scientifici e musicali, tra i quali spicca il “Trattato dell’influenza della musica sul corpo umano” (1826), nel quale rielaborò la valenza terapeutica della musica di W. A. Mozart, esplorandone le capacità armoniche correlate con le reazioni psicosensoriali di alcune patologie quali la depressione, la schizofrenia e l’autismo.
Qualche esempio applicativo
Le potenzialità e gli ambiti di impiego della musica, sulla base di specifici criteri metodologici, sono quanto mai molteplici ed eterogenei. Un primo esempio di “pazienti” candidati sono i neonati prematuri: in alcuni reparti di patologia neonatale la musica viene utilizzata per favorire lo sviluppo neurologico e psicoaffettivo, al pari del massaggio e della marsupioterapia. La musica di Mozart è nota per la sua capacità – comprovata da indagini strumentali – di regolarizzare l’attività bioelettrica cerebrale, al punto da favorire i processi logici e il calcolo, distogliere la mente da esperienze negative e, come nel caso specifico della sonata K 448 per due pianoforti, svolgere un effetto anticonvulsivante, utile perfino alla preparazione di interventi neurochirurgici. Più in generale la musicoterapia può essere utilizzata a scopo di rilassamento, per esempio prima o durante l’esecuzione di procedure operatorie, nell’ambito di programmi di trattamento di disturbi ansioso-depressivi e perfino nella riabilitazione di patologie neurodegenerative, come la demenza di Alzheimer e la malattia di Parkinson.
Azioni misteriose
La musicoterapia, intesa come metodologia di supporto terapeutico, permette di comunicare attraverso un codice alternativo a quello verbale che trova origine nell’identità sonora individuale (ISO); tale linguaggio acquisisce la sua forma proprio dalla musica, dalle sonorità, dal ritmo, dal movimento corporeo, per aprire i canali di comunicazione definiti “energetici” con l’inconscio dell’individuo. Grazie alla sua capacità multisensoriale che coinvolge sia l’aspetto emozionale che cognitivo di ciascuno, come già accennato, essa viene impiegata con differenti strategie (prevenzione, supporto e riabilitazione), per ristabilire un adeguato equilibrio psico-fisico e, come nel caso dei disturbi di apprendimento, concentrazione e memoria, migliorare la capacità di comunicare. Ovviamente i suoi criteri di impiego sono diversi da quelli di una cura farmacologica tradizionale: spetta infatti al musicoterapeuta valutare di volta in volte le modalità più consone in relazione agli obiettivi da raggiungere. Inoltre la musica può essere inserita in metodiche composite, per esempio associata a stimoli visivi o all’impiego della realtà virtuale in caso di particolari problematiche riabilitative.
Una disciplina in divenire
In Italia la figura del musicoterapeuta – spesso laureato in Psicologia o Medicina oppure diplomato al conservatorio – non è ancora formalmente riconosciuta, ma sono operative alcune associazioni che organizzano corsi e master universitari. In ogni caso, nella vita quotidiana, è importante non dimenticare che la musica può diventare un prezioso alleato del benessere fisico e mentale.
Bibliografia
- Rapisarda V. Cenni sulla musicoterapia. Convegno di Pedagogia Clinica, Catania, 5 marzo 2016
- Vitale FM, Chirico G, Lentini C. Sensory Stimulation in the NICU Environment: Devices, Systems, and Procedures to Protect and Stimulate Premature Babies. Children (Basel). 2021 Apr 25;8(5):334
- Pauwels EK, Volterrani D, Mariani G, Kostkiewics M. Mozart, music and medicine. Med Princ Pract. 2014;23(5):403-12
- Maguire M. Epilepsy and music: practical notes. Pract Neurol. 2017 Apr;17(2):86-95
- Hu W, Yang K, Zhang L, Lu X. Effect of media distraction (audio-visual and music) for pain and anxiety control in patients undergoing shock-wave lithotripsy: A systematic review and meta-analysis. Exp Ther Med. 2021 Jun;21(6):623