La terapia della dismorfofobia tra psicoterapia e farmaci
Se non affrontato precocemente con terapie specifiche il disturbo di dismorfismo corporeo può...
Se non affrontato precocemente con terapie specifiche il disturbo di dismorfismo corporeo può determinare uno serio scadimento della qualità di vita, numerosi problemi di ordine pratico sul piano familiare e lavorativo, nonché complicarsi con ulteriori disturbi psichiatrici come la depressione maggiore (60% dei casi), il disturbo ossessivo compulsivo (30% dei casi), la fobia sociale e talvolta disturbi del comportamento alimentare o abuso di sostanze. A livello fisico, l'accanimento nei confronti del/i difetto/i da eliminare può esporre a rischi di salute evitabili (per esempio, nel caso di interventi di chirurgia estetica invasivi) o determinare esiti realmente poco accettabili che non fanno che peggiorare la situazione complessiva.
Di converso, riconoscere l'esistenza del problema fin dalle prime avvisaglie permette di intraprendere trattamenti farmacologici e psicoterapici efficaci e sicuri, che consentono di ristabilire un rapporto equilibrato con il proprio corpo e di focalizzare l'attenzione sul disagio psicologico di base che ha portato a sviluppare l'atteggiamento ossessivo nei confronti di un naso, una bocca, un mento o una pelle in realtà privi di particolari pecche. In base agli studi condotti finora, un trattamento ben condotto porta alla completa risoluzione del disturbo di dismorfismo corporeo nel 76% circa dei pazienti, con una minima probabilità di ricaduta (0,14% nell'arco di 8 anni).
Il supporto psicoterapico per il disturbo di dismorfismo corporeo
La psicoterapia può essere molto utile per superare il disturbo di dismorfismo corporeo, ma va sempre utilizzata in aggiunta al trattamento farmacologico e non come unico intervento.
La strategia che si è dimostrata più efficace è la terapia psicocomportamentale, finalizzata a "desensibilizzare" il paziente nei confronti dello stimolo negativo attraverso l'esposizione graduale e calibrata allo stimolo stesso. In sostanza, nel caso del disturbo di dismorfismo corporeo ciò consiste nel chiedere al paziente di cimentarsi in un'attività (andare a una festa, in piscina, indossare un determinato abito o un paio di occhiali, parlare in pubblico ecc.) che fino a quel momento aveva evitato a causa del supposto difetto fisico ed esaminare, poi, gli esiti e le implicazioni dell'esperienza per elaborare il disagio connesso. Le situazioni da elaborare possono essere reali (terapia comportamentale) o soltanto immaginate (terapia cognitiva).
Innalzando gradualmente il livello delle richieste, il paziente, poco a poco, impara a gestire situazioni che gli sembrava impossibile affrontare e a ridimensionare l'importanza del difetto estetico reale o immaginato di cui si sentiva prigioniero.
Per essere efficace, la terapia psicomportamentale deve prevedere incontri regolari, per un adeguato periodo di tempo (in genere, sei mesi-un anno) ed essere affiancata da uno sforzo del paziente nel cercare di ridurre/evitare comportamenti rituali e ricerca di rassicurazioni.