03/10/2023

#MaSeiFuori

6 minuti

Il legame (in)esistente

Il legame (in)esistente

“Come mai sei qui anche tu dal dottor Benner? È già un paio di settimane che ti vedo ma non ho mai avuto il coraggio di chiedertelo…”

Mi girai e vidi la Zebra più affascinante che avessi mai visto: la sua folta e scura criniera, la sua imponente altezza, la sua sfrontatezza nel chiedermi una cosa così tanto personale. Questo suo modo di fare irresistibile mi colpì così tanto che mi ricredetti sull’amore a prima vista. La mia risposta alla sua domanda? Non ci fu. Ero talmente assorta dalla sua bellezza che non mi preoccupai nemmeno di rispondergli.

“Perdonami per la domanda inopportuna, non era mia intenzione metterti a disagio”

“Non basta così poco per mettermi in imbarazzo”

Sbalordito forse anche dalla mia arroganza, la Zebra arrossì ed accennò ad un sorriso.

In quel preciso momento il dottore giunse in sala d’attesa e chiamò: “Coniglietta, è il tuo turno!”.

“Quindi il tuo nome è Coniglietta…” sussurrò Zebra. Questa frase non mi sfuggì ma gli voltai le spalle ed entrai nello studio del dottore.

Dopo aver appoggiato il cappotto sulla sedia, Benner mi fece accomodare scusandosi per l’attesa. “Non si preoccupi, ho avuto un incontro interessante…”. Il dottore non commentò ma il suo sguardo preoccupato valeva più di mille parole. Non mi lasciai turbare dalla sua reazione e mi concentrai sul motivo per cui mi trovavo lì: “La cura sembra procedere per il verso giusto, nessun effetto collaterale”.

Non era stato uno degli incontri più piacevoli della mia vita ma per qualche strano motivo il pensiero di Zebra occupò la mia mente lungo tutto il tragitto verso casa.

La curiosità stava prendendo il sopravvento e mi ritrovai a cercare maggiori informazioni su di lui; scorrevo ogni social network di mia conoscenza senza giungere ad una conclusione. Per tutto il giorno sperai di ricevere una notifica da parte sua ma le mie fantasie non furono realizzate.

In cuor mio mi illusi di poter dimenticare il nostro incontro ma questo pensiero mi tormentò fino al successivo controllo dal dottore.

Finalmente arrivò giovedì, il giorno della visita, ero emozionata all’idea di vedere Zebra ma allo stesso tempo ne ero spaventata perché non sapevo cosa dirgli né come sarebbe andata. Feci la solita strada e arrivata nello studio, il mio sguardo vagò per la stanza cercando quegli occhi che per una settimana mi avevano monopolizzato il pensiero.

Non c’era! Tutte le speranze si infransero. Avevo paura, avevo paura che fosse colpa mia, che a causa della mia sfrontatezza avesse cambiato orario: temevo di averlo perso per sempre.

Terminata la seduta uscii con ancor meno ottimismo di prima, ma aprendo la porta verso l'esterno, il mio sguardo vide colui per il quale avevo perso la testa.

“Sono felice di vederti fuori da quelle quattro mura”, disse Zebra accogliendomi con un sorriso.

“Io sono contenta che tu mi abbia rivolto la parola quel giovedì pomeriggio…”

“Quel fatidico 25 settembre.” Mi stupì che anche lui ricordasse la data del nostro primo incontro. E’ stato così importante anche per lui?

“Conosci Leopardi?”, chiese Zebra con un ghigno. Lo guardai come se fosse pazzo, ricordandogli che sono un coniglio e che non sono solita chiacchierare con i leopardi.

“No, stai andando fuori strada, intendo il poeta. E’ il mio preferito e gli sono particolarmente affezionato perché mi ha aiutato in un periodo difficile.”

Il nome di Leopardi mi era sconosciuto, però stare accanto a Zebra mi fece venire in mente quei famosi versi di Montale:

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Così come il nostro incontro è stato fuori dall’ordinario, allo stesso modo i nostri discorsi lasciavano stupiti i passanti. Era da quando ci eravamo seduti su quella panchina che avevo l’impressione di essere in un film. Gli animali che passavano di lì continuavano a lanciarci occhiatacce, ma non riuscivo a comprenderne il motivo. Mi sembrava di vivere in una bolla che nessuno avrebbe potuto far scoppiare.

E’ proprio vero che quando si è con le giuste persone il tempo sembra volare.

Tornata a casa non riuscivo a smettere di pensare al nostro incontro. Tutto mi ricordava di lui: dalla tazza striata sul tavolo al biglietto da visita del dottor Benner attaccato sul frigorifero.

Era giovedì e come di consueto entrai più felice che mai nella sala d’attesa, aspettandomi di trovarlo lì, seduto al suo solito posto e pronto a rivolgermi un sorriso.

Ispezionai ogni poltrona presente ma nessuna era occupata. Nonostante ciò la speranza di vedere Zebra all’uscita come la settimana precedente, mi rasserenò, anche se passai il resto della visita ad osservare l’orologio. Ma all’uscita, niente. Cercai il suo sguardo tra la folla trovando qualsiasi giustificazione a un suo possibile ritardo ma non lo vidi.

Passarono ore, giorni, settimane, ma incontrai Zebra soltanto nei miei sogni.

L’unica nota positiva erano i miei miglioramenti a livello psichico notati dal dottore.

Capii che stavo guarendo, che non avrei più rivisto Zebra, ma gli incontri con lui sarebbero stati come tatuaggi sul mio cuore, indimenticabili ed indelebili.


Classe VBSU
Istituto Quasimodo
Magenta

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