La noce e il gheriglio
La noce e il gheriglio
Ho come la sensazione che la mia calotta cranica si sia aperta, proprio come si possono dividere due biscotti al cui interno si nasconde una gustosissima crema, proprio quelli, sì, quelli che riescono a dare contemporaneamente piacere al palato e fastidio alle sciocche e antiscientifiche differenze razziali. Mia nonna, d’estate, conserva i Ringo nel frigorifero, sostiene che al freddo non perdano la loro consistenza e soprattutto che la crema non straripi dai bordi, ma a me piace proprio quella fuoriuscita dai bordi, quella morbidezza della crema che si impone ai biscotti e ribelle cola di qua e di là.
Quando la mia testa si apre, osservo dall’alto la materia cerebrale esattamente come quando, aperta una noce, vedo, al suo interno, il gheriglio. Quanto si somigliano il cervello e il gheriglio.
Forse Michelangelo quando affrescò Dio che crea Adamo tendendogli la mano, aveva in mente il guscio/calotta e così Dio/gheriglio dal suo guscio/calotta dà vita ad Adamo e crea il ponte, mai prima esistito, tra l’umano e il divino.
È un momento questo pauroso, assurdo, indescrivibile.
L’altro mio Io vede all’interno di questo abisso un mondo parallelo, diverso, incomprensibile.
Le parole che danno voce al pensiero, in questi momenti, diventano suoni indefinibili, indecifrabili, corrono come leopardi impazziti verso prede irraggiungibili.
E i volti? Tante linee pazze che si inseguono con rabbia. Le une contro le altre distruggono i lineamenti, fino a un istante fa, familiari, amorevoli, cari. Non ci sono più i miei amici, i miei genitori, ma tante macchie indistinte che, come un tatuaggio tribale, non riesco ad interpretare.
L’ordine naturale della vita, delle persone, del mondo è sconvolto irrimediabilmente.
Precipito lungo uno scivolo dal quale non riesco a vedere la meta. Precipito, e ancora precipito, più veloce della luce ma senza luce! Muovo freneticamente le braccia alla ricerca disperata di un appiglio. Tutto è indistinto, minaccioso.
Urlo: rivoglio il mio Io.
Vi prego!
Per favore!
Laggiù,
in fondo,
una mano sembra avvicinarsi.
Il palmo si mostra un po’ alla volta e finalmente all’interno riesco a vedere un blister con le sue preziose bolle trasparenti: la mia cura!
Ogni volta che distrutto riemergo dal mio personale inferno, mi sento smarrito e desolato, mi auguro, soltanto, che nessuno abbia, attraverso i social, condiviso l’altro mio Io oscuro e imponente.
Classe IA SUE
Istituto Sessa
Caserta